Cliccate sul video per vedere l’intervista rilasciata da Antonio Floriani al TgR Liguria RAI del 20.08.2016 sulla diffusione del crack a Genova


Articolo e intervista Tg3 di Antonio Floriani*

Se nell’ultimo ventennio del secolo scorso la cocaina era vista come la droga dei ricchi usata da manager e imprenditori in quanto molto cara ed irraggiungibile, la sua versione “basata”, fumabile, ovvero il crack, è da sempre riconosciuto come droga povera, dai tagli sporchi, di scarto e quindi pericolosa.

E’ ben noto come il crack nasca nelle periferie più povere e degradate delle grandi metropoli statunitensi dove questa sostanza ha indotto molti giovani ad una rapidissima dipendenza, a danni cerebrali irreversibili e in molti casi alla morte.

Nel 2000 la cocaina fumabile si diffonde sempre più anche in Europa, ma il termine crack sembra quasi scomparire. Si parla di coca basata o cucinata, di rocce o roccette, di piastrelle, piastre e piastrine, di quadrelle, quasi a nascondere che dietro quella sostanza, spesso preconfezionata in dosi standard, c’è una dose di crack chimicamente ottenuta con la riduzione in base della cocaina cloridrato per mezzo di ammoniaca o una soluzione di acqua e bicarbonato.

Scongiurata la modalità cruenta del buco in vena – almeno nella fase iniziale – che caratterizzava i tossici di fine ‘900, ecco apparire modalità soft che ingannano i giovani neo-consumatori: pipe, cannucce, bottiglie di plastica diventano gli strumenti usati come bracieri e condensatori del fumo e dei vapori prodotti dalla sostanza riscaldata.

I danni provocati dal crack e da ogni forma di cocaina resa fumabile, sono devastanti e la dipendenza che si instaura è rapidissima e non percepita come tale da chi la consuma.

Gli effetti immediati variano da persona a persona ma essi aumentano molto rapidamente in intensità man mano che l’utilizzo diventa dipendenza fino a stimolare paranoia, allucinazioni terrifiche e deliri.