Di Antonio Floriani *

Ibiza, Istituto Policlinico: giovani provenienti da tutto il mondo (e anche dall’Italia) ricoverati con arti fratturati – quando va bene – dopo aver fatto balconing dalla camera dell’albergo: un tuffo nella piscina, dal terrazzo del 3°, 4°, 5° piano dell’edificio. Oppure il flambè (vaporizzare un liquido infiammabile sul corpo ed incendiarlo), il chocking game (gioco dello strangolamento) su di sé o su altri. Fino al ghost riding o al car surfing, dove l’automobile diventa il mezzo per creare lo sballo, abbandonando lo sterzo una volta che è stata lanciata a forte velocità, o salendovi sul tetto mentre è in movimento. Il tutto è applicabile anche ai mezzi pubblici, specialmente treni e vagoni della metro, con l’ulteriore rischio di rimanere folgorati dalla rete elettrica a 20.000 volt (volt più, volt meno, a seconda della linea o del paese…). E sempre in tema di treni il train planking, ovvero il delirante “gioco” di attendere l’arrivo del treno sdraiati tra i binari, con l’obiettivo di venire filmati per essere caricati su piattaforme video on-line, ma col risultato di non uscirne sempre vivi. 

A fronte di comportamenti con rischi evidenti e così elevati, possono sembrare di ridotta pericolosità mode come quelle del binge drinking, l’assunzione di elevate quantità di alcol in un brevissimo arco di tempo (rischio: morte per coma etilico o danni cerebrali permanenti); o sempre l’uso di alcol, non ingerito, ma assunto tramite congiuntiva oculare con l’eyeballing, ovvero versando superalcolici ad altissima gradazione (vodka, grappa, distillati) negli occhi e tenendo il liquido a contatto con essi per alcuni secondi (rischio: la cecità permanente).

Figuriamoci a questo punto quanto può sembrare banale citare tra i comportamenti a rischio l’uso di cannabis: la quasi totalità dei genitori che hanno letto le righe precedenti affermerebbe, riferendosi ai figli, “meglio farsi qualche spinello ogni tanto…”.

E qui sta il punto: i processi di normalizzazione di alcuni comportamenti, nonché la loro diffusione anche tramite i mezzi telematici (blog, video, ecc.) hanno fatto sì che tra i giovani la percentuale di coloro che hanno comportamenti a rischio per la salute sia salito vertiginosamente negli ultimi 20 anni. I dati ministeriali segnalano una percentuale molto elevata, tra gli adolescenti, di consumatori abituali di alcol (60 %) e con modalità binge drinking (25 %); seguono: cannabis (25 %), cocaina (2,7 %), ecstasy (2,6 %) ed eroina (1,4 %). 

Se il rischio e la ricerca di sensazioni forti (sensation seeking) diventano per molti giovani un valore da raggiungere attraverso i comportamenti descritti nelle righe che precedono, per quanto concerne le sostanze psicotrope (alcol e droghe), spesso il loro consumo non viene inteso come un rischio per la salute, bensì come un comportamento “normale”. Ma in questo caso il concetto di “norma” (non a caso, in statistica, sinonimo di “moda”, ovvero il valore che compare più frequentemente all’interno della popolazione che viene considerata, qui gli adolescenti) non coincide con quello di comportamento più idoneo a garantire la salute.

La generalizzazione “lo fanno tutti“, frequentemente utilizzata dagli adolescenti in riferimento all’uso nei fine settimana di alcol, saltuario di cannabis o addirittura occasionale di cocaina, porta ad intendere che quel tipo di comportamento sia “giusto” perché socializzante e di condivisione.

Inoltre, dato il momento storico, la vulnerabilità percepita dai giovani e le poche aspettative nei confronti dell’avvenire (ad esempio per l’insicurezza di trovare un lavoro) amplifica il bisogno di provare esperienze che distolgano dalla realtà e che dimostrino, nel contempo, la propria capacità di sopravvivenza. Così “il consumare”, farsi, diventa per molti giovani obbligatorietà al fine di combattere o modulare le emozioni, i sentimenti di disagio, l’imbarazzo, la noia, l’insoddisfazione, il senso di vuoto, di solitudine, di incapacità. Così si assiste a una maggiore diffusione dell’uso di droghe ed un esordio nel mondo delle dipendenze sempre più precoce (età media 15 anni) con tutte le conseguenze sul piano psicofisico che ciò comporta.

È ormai documentato che il consumo di alcol e cannabis (sia combinato, sia disgiunto), soprattutto in adolescenza, determina danni – spesso irreversibili – alle strutture cerebrali, con conseguenze a breve e a lungo termine. Già dopo alcune settimane dall’assunzione, la cannabis provoca nella maggior parte dei soggetti un appiattimento emotivo ed affettivo, la diminuzione della volontà, con conseguente perdita di interessi, di entusiasmo e quindi il venir meno degli obiettivi. L’associazione con alcol aggrava questa condizione, andando quest’ultimo ad intaccare la tenuta dell’umore, a maggior ragione in soggetti predisposti all’instabilità emotiva, con conseguente perpetrazione dell’uso, aumento della frequenza delle assunzioni e dei dosaggi (fenomeno della dipendenza psicologica). Il consumo di alcol in giovane età si associa inoltre a un maggior rischio di abuso di sostanze, droghe e disturbi depressivi nella vita adulta.

Per tale ragione è di fondamentale importanza che gli adulti di riferimento (genitori, insegnanti, professionisti della salute) pur disorientati e spaventati di fronte al consumo di alcol e sostanze a cui assistono con l’ingresso dei ragazzi nel mondo dell’adolescenza, non sottovalutino il fenomeno puntando “al male minore” (della serie “basta non eccedere“). Piuttosto è necessario che conoscano il meccanismo col quale le sostanze entrano in modo subdolo e ingannevole nella vita dei giovani, determinando il decadimento psicofisico (cognitivo e sociale) dei propri figli con gravi ripercussioni sulla vita; è necessario che sappiano trasferire il messaggio che, il miglior modo per essere felici ed aumentare le probabilità di realizzare i propri obiettivi, consiste nell’astenersi dal consumare alcol e sostanze.


 

* Antonio Floriani è medico psicoterapeuta, criminologo, Direttore del Centro LiberaMente di Genova. Esperto in dipendenze e comportamenti d’abuso, lavora da molti anni, a diversi livelli, nel settore. Per informazioni o per fissare un appuntamento, contattate il Centro LiberaMente ai recapiti che trovate cliccando qui o scrivete all’indirizzo antonio.floriani@centroliberamente.it