Articolo di Antonio Floriani*

Con l’inizio dell’attuale secolo la diffusione della cocaina ha avuto un notevole incremento. A farne uso oggi sono tanto soggetti molto giovani, quanto la generazione degli attuali quarantenni e cinquantenni.

Al di là delle motivazioni di questa sua diffusione le conseguenze dell’utilizzo di cocaina destano forte preoccupazione. Se l’eroina aveva caratterizzato il concetto di tossicodipendenza nello scorso secolo, oggi è la cocaina a spopolare con importanti ricadute sociali ed in termini di salute. Mentre l’eroina induceva nei suoi consumatori uno stato di dipendenza evidente sia dal punto di vista clinico (si pensi alle ben note sindromi d’astinenza) che da un punto di vista sociale (il “tossico” era tradizionalmente un soggetto ben individuabile per caratteristiche fisiche e comportamentali), il consumatore di cocaina è un soggetto che sfugge dall’essere facilmente individuato. La cocaina non si identifica per livello culturale, età o contesto sociale di chi la utilizza. La cocaina è una droga subdola che penetra nella vita dei suoi consumatori (inizialmente sempre “occasionali”) dando l’idea di poter essere assolutamente gestibile, ovvero di non poter creare dipendenza. La dipendenza indotta dalla cocaina è infatti prevalentemente di tipo psicologico (e solamente in minima parte di tipo fisico) e ciò rafforza l’idea nei suoi consumatori di una  droga di facile gestione, cosa che in realtà non è.

Una delle sue proprietà più note (oltre a quella di non far percepire la stanchezza) è quella di aumentare lo stato di vigilanza (fino a indurre comportamenti ossessivi e paranoici) facendo quindi percepire una maggiore capacità di controllo nello svolgimento di mansioni ed attività, nonché di regolazione o annullamento delle emozioni più negative; in poche parole “fa stare meglio”. Tale proprietà è proprio una tra quelle che attira maggiormente i suoi sperimentatori che, vedendo confermata nella sostanza l’aspettativa magica di un benessere immediato, ne diventano presto consumatori abituali e quindi dipendenti.

Se è vero che non tutti coloro che hanno sperimentato la cocaina e che ne hanno fatto un uso occasionale sono destinati alla carriera di cocainomani, è pur vero che il rischio di un uso progressivamente crescente è elevato. Quando l’uso di cocaina non si è limitato alla semplice sperimentazione o ha avuto carattere di occasionalità, ecco allora scoprirsi la modalità di consumo compulsiva che caratterizza i soggetti cocainomani. La cocaina non viene più utilizzata a scopo ricreativo o disinibente, ma viene usata e basta, “finche ce n’è”, un utilizzo compulsivo che determina forme di intossicazione acuta con le relative conseguenze dal punto di vista clinico e relazionale (tipicamente le “serate” che in realtà si protraggono per interi giorni con il consumo ininterrotto della sostanza). Pur accettando l’ipotesi di una predisposizione in alcune persone all’instaurarsi di una dipendenza, è evidente che un approccio di questo tipo alla sostanza è già di per sé predisponente al diventare (o scoprirsi) un soggetto dipendente.

A differenza dell’eroina in cui il consumatore percepisce il rapido instaurarsi della dipendenza ed il costante degrado della propria qualità di vita, con il conseguente aumento del consumo di sostanza per attenuare le sensazioni spiacevoli che ne derivano (sintomi astinenziali), il consumatore di cocaina non percepisce l’insorgere del meccanismo che lo porterà alla dipendenza, illudendosi piuttosto di poter gestire la sostanza a suo piacimento. Questo meccanismo è comprensibile richiamando la proprietà della cocaina di camuffare le sensazioni sgradevoli, esaltando invece l’idea di controllo su tutto. Una recente ricerca (2015) condotta da alcuni studiosi dell’Università di Maastricht e presentata al congresso dello European College of Neuropsychopharmacology ha confermato che la cocaina riduce o annulla la capacità dell’individuo di riconoscere le emozioni negative, dimostrando come già una singola dose interferisca con la capacità della persona di riconoscere rabbia e tristezza. Per tali ragioni il soggetto cocainomane ha difficoltà a riconoscersi tossicodipendente, cadendo in un loop per il quale la sospensione dell’uso della sostanza comporterebbe una rapida perdita di questa sensazione di controllo, determinando stati d’ansia e di angoscia difficilmente tollerabili (down), contenibili soltanto con un nuovo e continuo ricorso alla sostanza.

Ci troviamo così di fronte a un doppio ostacolo iniziale nel processo di recupero di un soggetto cocainomane: il primo, la difficoltà a prendere consapevolezza del problema; essa giunge spesso solo col verificarsi di situazioni estreme quali tracolli finanziari, vicende legali determinate dal tentativo di procurarsi la sostanza, compromissione degli affetti, della rete sociale e lavorativa o il crollo psicofisico. Una volta raggiunta la consapevolezza – inizialmente anche parziale – dell’impossibilità di gestire la sostanza e quindi della propria dipendenza, il secondo ostacolo consiste nel riuscire a fermare il loop che, come un circolo vizioso, vede l’alternarsi del tentativo di sospendere l’uso della sostanza con le emozioni sgradevoli che ne derivano e quindi il pensiero alla cocaina con nuovo ricorso ad essa e ricaduta nel consumo.

Sempre in termini comparativi, mentre per l’eroina la sindrome astinenziale ha caratteristiche simili tra consumatori e ciò che le differenzia è maggiormente determinato dal grado di intossicazione (ovvero dalla quantità di sostanza che l’eroinomane stava assumendo), per la cocaina non è possibile ipotizzareuna risposta standard in quanto la sospensione del suo utilizzo determina reazioni diversissime da caso a caso e non solo da consumatore a consumatore, ma anche nel medesimo consumatore a seconda del momento della propria vita in cui si ritrova ad affrontare una nuova sospensione. Ecco quindi un ulteriore motivo che ci permette di definire la cocaina una sostanza subdola e soprattutto dalle conseguenze imprevedibili – e quindi spesso devastanti -.


APPROFONDIMENTO COCAINA  Articoli pubblicati in questa sezione:
Cocaina 1: diffusione di una droga subdola dagli effetti devastanti
Cocaina 2: l’illusione del poterne gestire il consumo
Cocaina 3: modalità d’assunzione e conseguenze del consumo
Cocaina 4: trattamenti, recupero e motivazione al cambiamento


* Antonio Floriani è medico psicoterapeuta, criminologo, Direttore del Centro LiberaMente di Genova. Esperto in dipendenze e comportamenti d’abuso, lavora da molti anni, a diversi livelli, nel settore. Per informazioni o per fissare un appuntamento, contattate il Centro LiberaMente ai recapiti che trovate cliccando qui o scrivete all’indirizzo antonio.floriani@centroliberamente.it

Website Pin FacebookTwitter Myspace Friendfeed Technorati del.icio.us Digg Google StumbleUpon Premium Responsive