I DISTURBI DELLA PERSONALITA’ NELLA DOPPIA DIAGNOSI

di Antonio Floriani

Un Disturbo di Personalità «rappresenta un modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo, è pervasivo e inflessibile, esordisce nell’adolescenza o nella prima età adulta, è stabile nel tempo, e determina disagio o menomazione» (DSM IV Tr.).

Formalmente i disturbi di personalità, in quanto appartenenti all’Asse II del DSM-IV, non dovrebbero essere inquadrabili nella doppia diagnosi. Tuttavia l’alta frequenza di queste manifestazioni nell’abuso/dipendenza da sostanze rende necessarie alcune considerazioni. Si può affermare con certezza che i disturbi di personalità affollano i servizi per le dipendenze. Infatti tutte le ricerche attestano ormai l’altissima percentuale di disturbi di personalità in concorrenza con la tossicomania e/o con l’alcoolismo. Ciò che cambia sono le frequenze rilevate, che oscillano da un estremo -circa il 10%- all’altro -vale a dire il 100%-. Queste ricerche hanno dimostrato che i disturbi di personalità si associano di frequente a tossicomanie gravi e persistenti. Questi pazienti hanno un esordio più precoce e presentano assai spesso poliabuso, scarsa compliance, drop out assai elevato, peggior adattamento psicosociale, episodi di violenza e maggiori ricadute. Presentano inoltre un quadro psicopatologico più grave, insoddisfazione, impulsività, isolamento. Molte volte questi fattori si associano alla sintomatologia depressiva e, ad un anno dal trattamento, solo una percentuale assai bassa di chi aveva più di un disturbo di personalità rimane astinente. L’assunzione di cocaina predice pressoché costantemente le ricadute (vedi caso clinico che segue). Non è affatto da sottovalutare la sintomatologia ansiosa in associazione ai disturbi di personalità, poiché essa precede spesso l’uso di sostanze, in particolar modo di eroina (vedi caso clinico che segue). Non c’è un’unica modalità di assunzione di sostanze per ogni disturbo di personalità, ma esistono piuttosto delle costellazioni psicopatologiche di personalità che tendono probabilisticamente ad associarsi con classi definite di sostanze. In particolar modo i pazienti con disturbi di personalità classificati a partire dal DSM IV all’interno del cluster B (vale a dire borderline, antisociali, istrionici e narcisistici) sono più spesso individuati come poliassuntori. Essi sembrano preferire le droghe stimolanti per il loro spettro d’azione più ampio, in grado sia di contrastare gli affetti depressivi, sia di soddisfare l’obiettivo della grandiosità, della potenza, della sicurezza. Tali sostanze li renderebbero più funzionali tanto nella fase del down che in quella dell’up, che in questi pazienti si alternano con una rapidità incontrollabile. Si ipotizza che l’instabilità affettiva e l’impulsività, elementi tipici di tali patologie, siano causa tanto della tossicomania quanto del disturbo di personalità e siano inoltre il nesso regolatore tra l’una e l’altra condizione. Tali tratti sarebbero dovuti alla concorrenza di un difetto neurobiologico (deficit funzionale a livello serotoninergico) e a particolari variabili familiari e condizioni ambientali.

Tra i tossicodipendenti sembra prevalere soprattutto il cluster B dei disturbi di personalità, ed in particolare i disturbi borderline e antisociale di personalità, entrambi associati a maggiori drop out e a una ridotta risposta del trattamento (vedi pagina successiva). Secondo altri autori, il disturbo di personalità non altrimenti specificato è prevalente tra i tossicomani. Molti studi, infatti, riportano una presenza media di 2-3 disturbi di personalità nei pazienti alcoolisti, con una concentrazione soprattutto nel cluster B. Per questi autori l’impulsività che entra nei criteri del disturbo borderline può essere uno degli aspetti della tossicodipendenza che a sua volta può essere espressione di un disturbo borderline e antisociale.

Ad oggi, la maggior parte degli autori sono pressoché concordi nell’escludere che ci sia una personalità tossicomanica propriamente detta. Piuttosto, molti ritengono assai importanti i tratti di personalità che in ogni paziente si compongono in forme e dinamiche peculiari da valutare attentamente in ordine all’intensità, al controllo dell’intera struttura di personalità, alla persistenza e alla preponderanza.

L’incapacità di autocontrollo e di gestione delle emozioni negative -caratteristiche tipiche del disturbo borderlinee-, la tendenza al passaggio all’atto -ovvero agli acting out- sono determinanti per definire la gravità del quadro tossicomanico. La difficoltà a tollerare l’ansia e le frustrazioni, la dipendenza ambivalente dall’ambiente, la difficoltà a mantenere l’autostima e l’incapacità a modulare gli affetti e gli impulsi, sarebbero il risultato di una conflittualità intrapsichica e di relazioni oggettuali carenti o traumatizzanti. Il dolore in molti casi può esprimersi in forme psicopatologiche. Quanto più la sofferenza si struttura in forme psicopatologiche, tanto più è probabile che la dipendenza sia grave, pervasiva e difficile da affrontare. La presenza di disturbi di personalità in persone che hanno subito esperienze traumatiche o stressanti è molto frequente.

La capacità di sperimentare vissuti depressivi o disforici potrebbe costituire nei tossicodipendenti con disturbi in Asse II un indice predittivo di buona risposta ai trattamenti convenzionali. Oltre alla consapevolezza della natura morbosa dei deragliamenti depressivi e disforici, è valorizzato in senso prognostico anche il grado di sviluppo di relazioni oggettuali e la capacità di stabilire validi e significativi rapporti interpersonali (cosa però assai rara in questo genere di pazienti). I tossicodipendenti con disturbi di personalità in grado di sviluppare una stabile alleanza con il proprio terapeuta, mostrano una migliore compliance e risposta alla psicoterapia individuale; va però detto come molti dei tossicodipendenti con disturbi primari di personalità, principalmente di tipo borderline e antisociale, siano più refrattari alla psicoterapia individuale (particolarmente quella psicodinamica) e maggiormente sensibili a programmi di terapia comportamentale (cognitivo-comportamentale e dialettico-comportamentale).