IL DISTURBO BORDERLINE DI PERSONALITA’ ALL’INTERNO DELLA DOPPIA DIAGNOSI
di Antonio Floriani
Tra i tossicodipendenti sembra prevalere soprattutto il cluster B dei disturbi di personalità, ed in particolare i disturbi borderline e antisociale di personalità. Nei pazienti borderline è spiccato l’uso di alcool, compreso tra il 75 e il 90%. Essendo l’abuso di sostanze in pazienti con disturbo borderline di personalità uno degli items previsti dal DSM, è necessario verificare l’esistenza o meno di una vera e propria dipendenza da sostanze per porre diagnosi di comorbidità.
I soggetti a cui è stato diagnosticato il disturbo borderline di personalità costituiscono il 2-3% circa della popolazione generale, il 25% del totale dei pazienti in ricovero ospedaliero e il 15% dei pazienti ambulatoriali. Quando un paziente ha una storia di pesante uso di sostanze e, con questo, una storia di relazioni disperate e di episodi autolesivi, è necessario che il clinico determini se queste relazioni tipicamente “simil-borderline” siano realmente prova di un disturbo borderline di personalità o siano semplicemente una conseguenza comportamentale secondaria all’uso di droga. Ciò spiega come l’abuso di sostanze possa essere primario rispetto all’evoluzione di una patologia psichiatrica, piuttosto che, viceversa, l’uso di droghe possa essere un effetto comportamentale secondario indotto dal forte desiderio di auto medicarsi, con l’obiettivo di ridurre gli scatti di ira e i momenti disforici.
L’abuso di sostanze viene mediamente riscontrato nel 35% dei soggetti affetti da un disturbo borderline di personalità, mentre l’alcoolismo in circa il 25%. Al 10% dei soggetti tossicodipendenti viene diagnosticato un disturbo borderline di personalità, mentre lo stesso viene diagnosticato al 5% dei soggetti alcoolisti. Il disturbo borderline di personalità è frequentemente associato in comorbidità ad altri disturbi della personalità e/o patologie psichiatriche. Tra questi: depressione, distimia, disturbo bipolare, disturbi dell’alimentazione, disturbo post-traumatico da stress, disturbo da somatizzazione, disturbo narcisistico di personalità, disturbo antisociale di personalità.
In questi soggetti, i legami e le relazioni significative sono a priori caratterizzati da una forte incostanza, da una mancanza di sicurezza e solidità e da un particolare tipo di affettività assolutamente disfunzionale. Per questo le rapide oscillazioni tra idealizzazione e svalutazione nelle relazioni sono la rappresentazione della ripetizione del proprio dramma interno per il quale si ripropone continuamente il senso di abbandono, e che provocano nella persona la classica intolleranza del vuoto, della noia, ma anche della separazione (anche momentanea) dalle persone significative.
Per proteggersi da un’ulteriore frammentazione della personalità o da forme depressive fortissime che lo farebbero -e spesso lo fanno- scivolare nella psicosi, il paziente borderline utilizza meccanismi primitivi che gli consentono di dividere il mondo in “buoni” e “cattivi”, di negare quelle emozioni che ripropongono i conflitti, di sentirsi onnipotente, a danno dell’esame di realtà che risulta in tal modo alterato anche se non compromesso del tutto. Questa netta divisione tra parti contrastanti e non comunicanti della propria personalità si ripropone facilmente anche nell’ambiente umano a lui circostante tra coloro che s’identificano con l’idealizzazione (il “salvatore” è colui che assume un atteggiamento di empatia e comprensione) e tra coloro che s’identificano con la svalutazione (ovvero “persecutori e cattivi”).
Molti degli eccessi comportamentali del borderline si spiegano dunque sulla base dell’impossibilità di integrazione di aspetti contrastanti della personalità, e sulla base dell’intolleranza dell’ansia interna e sociale di cui egli è portatore. Tipico del borderline è infatti la rabbia improvvisa e imprevedibile, l’impulsività diffusa, (v. il tema degli acting out) la compulsione a riempire in qualunque modo il senso di vuoto (alcool, droghe, cibo, sesso), l’alternanza tra fasi di ansia o euforia onnipotente e fasi di disperazione o depressione che possono condurre spesso a gesti autolesivi (mutilazioni, tagli sul corpo) se non francamente suicidari (dimostrativi e non).
Per quanto riguarda l’ eziopatogenesi del disturbo borderline di personalità, è stato dimostrato che esiste un’ampia varietà di condizioni predisponenti; tra questi: la presenza di tratti borderline negli stessi genitori; la discontinuità nelle relazioni di cura, la trascuratezza o l’anaffettività di esse; la conflittualità tra i genitori; la presenza di comportamenti violenti, di abuso fisico o sessuale; l’ipercoinvolgimento emotivo e ansioso nelle relazioni.
La diagnosi di disturbo o di organizzazione borderline di personalità può presentare notevoli difficoltà. Una diagnosi corretta è il primo passo per un intervento efficace. Spesso la richiesta di consulenza per i pazienti borderline arriva dai propri familiari o dai partner poiché il soggetto difficilmente riconosce i sintomi come parte di un problema (disturbo ego sintonico). In media il picco sintomatologico si nota tra i 18 ed i 26 anni.