Di Antonio Floriani *

Una morte tragica, inaspettata, che ha lasciato nello sgomento buona parte degli italiani. L’inizio del 2014 si apre con la notizia della morte di un pavese di 19 anni il cui cuore, alla vigilia del giorno della befana, cessa di battere. Coma etilico, iniziato cinque giorni prima e terminato col decesso del giovane. Il ragazzo si era sentito male durante la notte di Capodanno dopo aver bevuto durante i festeggiamenti. Inutili sono stati i soccorsi, allertati dagli amici con lui quella sera, e il trasporto in ospedale. I compagni raccontano che Simone era arrivato nel locale per festeggiare l’ultimo dell’anno dopo aver già bevuto e che, nonostante i loro richiami, aveva continuato a bere fino ad ubriacarsi.

Sì, l’ubriacatura, condizione che fa spesso ridere – giovani e meno giovani – e che prende maggiormente le sembianze di un divertimento, di una situazione “da sballo” piuttosto che di uno stato di intossicazione acuta, come in realtà è, di una condizione patologica a cui va incontro l’organismo, con gravi conseguenze. Sarebbe come se facessero ridere, sorridere o permettere di schernire coloro che si ammalano di influenza, di polmonite, di un’infezione o di un’intossicazione per aver mangiato funghi velenosi o cibo avariato. Certo, perché di questo si tratta: l’intossicazione acuta da alcol – la sbornia, la ciucca – altro non è che una patologia acuta che si manifesta nei modi più diversi, andando ad interferire e danneggiando tutti gli organi, i sistemi e gli apparati dell’organismo umano.

L’etanolo, contenuto in tutte le bevande alcoliche (birra, vino, aperitivi, superalcolici) viene assorbito rapidamente dall’organismo, entrando nel circolo sanguigno. Due sono gli organi bersaglio maggiormente interessati dalla sua presenza: il cervello ed il fegato. Gli effetti sul sistema nervoso sono quelli maggiormente visibili, ovvero i sintomi dell’intossicazione acuta. Ciascun individuo risponde diversamente ed in modo spesso ripetibile nel tempo in seguito all’assunzione di alcol. Da qui le note espressioni “aver la ciucca triste”, “aver la ciucca allegra” o ancora “aver la ciucca violenta”.  L’alcol provoca generalmente disinibizione, permettendo l’emergere di comportamenti non manifesti in sua assenza; in altri casi è principalmente induttore del sonno.

Per tale ragione l’alcol, al pari delle droghe, viene spesso utilizzato con significato “autoterapeutico”, vale a dire alla stregua di un farmaco che permette di provare quelle emozioni e veder realizzati i comportamenti “disinibiti” a cui la persona aspira ma che non riesce a manifestare nella quotidianità; stessa ragione per cui molti diventano consumatori problematici o alcolisti. Nella sua interazione con il sistema nervoso centrale, l’alcol agisce bloccando, accelerando o modulando il sistema dei neurotrasmettitori, sostanze prodotte dai neuroni con la funzione di trasmettere i segnali biochimici che permettono il corretto espletamento delle funzioni cerebrali (pensiero logico, capacità di parlare, di ricevere informazioni, di memorizzarle, di rievocare la memoria, stato di allerta di fronte al pericolo, coordinazione dei movimenti, tempi di reazione, emozioni e sentimenti).

Tale squilibrio avviene sì durante l’intossicazione acuta (da cui le espressioni “alluvionato”, “impetroliato” e tutte quelle che evocano l’idea di galleggiamento del cervello in un liquido tossico), ma lo scompenso permane per molto più tempo: segnali di ciò sono i postumi della sbornia del giorno dopo (malessere diffuso, mal di testa, nausea, sensibilità alla luce e ai suoni, dissenteria, perdita dell’appetito, tremore, debolezza, insonnia, ecc.) definiti tecnicamente sintomi di hangover. Lo squilibrio a livello cerebrale continua molto più a lungo di quanto i sintomi – ed il loro cessare – ci permettano di immaginare. Infatti, soprattutto nei giovani, la plasticità neuronale, ovvero la versatilità del cervello e la capacità vicariante dei suoi circuiti, permette di compensare gli effetti visibili prodotti dagli squilibri biochimici.

Ripetute assunzioni di alcol nel tempo, oltre a indurre dipendenza, danneggiano progressivamente questa funzione riparativa, tanto durante i post-sbornia, quanto nella quotidianità, compromettendo permanentemente le funzioni cognitive cerebrali e pertanto la qualità di vita, fino a determinare disturbi psichici (stati di malessere, ansia e depressione), sindromi neurologiche o gravi patologie degenerative (demenza). Ciò avviene per il danno diretto provocato dall’alcol alle cellule nervose che vengono bruciate e che, non potendo riprodursi, vanno incontro alla morte con progressiva riduzione della massa cerebrale.

I danni dell’alcol a livello del fegato sono determinati dall’attivazione dei suoi enzimi necessari per degradare una sostanza tossica – l’alcol, per l’appunto – e i suoi derivati, quali l’acetaldeide libera contenuta in qualsiasi bevanda alcolica e quella prodotta dal metabolismo per trasformazione dell’alcol stesso.

L’acetaldeide è un composto fortemente cancerogeno, degradato solo in parte a livello epatico dall’enzima aldeide deidrogenasi, enzima rapidamente saturabile. La parte di acetaldeide non degradata in acetato (sempre presente quando si assume alcol) essendo tossica per l’organismo, determina danni sia in modo diretto che indiretto, attivando una serie di reazioni a catena su tutti gli organi e gli apparati. Essa, infatti, è in grado di danneggiare i tessuti, le proteine cellulari, il DNA, attraverso la produzione di radicali liberi, notoriamente tossici ed induttori di trasformazioni in senso neoplastico (tumori).

La degradazione dell’alcol attraverso il fegato sottopone quest’organo a un’importante azione tossica che produce danno alle cellule epatiche fino a farle ammalare (steatosi epatica, epatopatie acute o croniche) o addirittura provocandone la morte (cirrosi epatica).

Ulteriori danni dell’assunzione di alcol sono quelli derivanti dallo squilibrio degli elettroliti, aggravato  dalla sudorazione indotta dall’alcol e in caso di vomito, nonché lo stato di ipoglicemia provocato dalle reazioni di ossidazione dell’etanolo e dell’acetaldeide.

Ogni anno in Italia sono tra 20.000 e 30.000 le morti causate dall’alcol, quattro volte più degli incidenti stradali, e l’alcol rappresenta la prima causa di morte tra i giovani fino all’età di 24 anni. In Europa i decessi dovuti all’alcol nella fascia d’età compresa tra i 15 e i 29 anni si attestano intorno al 15-25% ed è responsabile per il 7,4% di tutte le malattie e le morti premature (dagli incidenti stradali e sul lavoro, alle patologie alcol correlate). I costi sociali dovuti ai danni prodotti dall’alcol sono pari al 3,5% del PIL italiano.

Tuttavia, l’allarme sociale è al minimo, nonostante le morti e le invalidità causate dalle bevande contenenti alcol; per quanto impopolare, specialmente in un paese forte produttore di vino e con una lunga tradizione enologica, è necessario – oltre che corretto – che i giovani apprendano queste informazioni per poi poter fare liberamente, ma con consapevolezza dei rischi, le proprie scelte.


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* Antonio Floriani è medico psicoterapeuta, criminologo, Direttore del Centro LiberaMente di Genova. Esperto in dipendenze e comportamenti d’abuso, lavora da molti anni, a diversi livelli, nel settore. Per informazioni o per fissare un appuntamento, contattate il Centro LiberaMente ai recapiti che trovate cliccando qui o scrivete all’indirizzo info@normalarea.com