Di Antonio Floriani *

Il concetto di codipendenza non ha mai trovato un consenso unanime nella letteratura scientifica. Nel tentativo di tracciarne le caratteristiche psicopatologiche secondo un profilo diagnostico clinicamente percorribile, Cermak (1986) propose alcuni criteri diagnostici per il Disturbo Co-dipendente di Personalità:

  1. controllo di sé e degli altri nonostante l’evenienza di serie conseguenze negative;
  2. senso di autostima derivante dal sentire che si riesce a controllare,aggiustare, l’altro;
  3. assunzione di responsabilità per l’altro, anche quando non richiesta;
  4. disinteresse per i propri bisogni, priorità alle esigenze dell’altro;
  5. distorsioni del confine di sé in situazioni d’intimità e di separazione;
  6. coinvolgimento in relazioni con soggetti affetti da disturbi di personalità, dipendenza da sostanze, altra dipendenza o disturbi del controllo degli impulsi.

Vi possono essere inoltre:

  1. eccessivo ricorso alla negazione;
  2. costrizione delle emozioni;
  3. depressione;
  4. ipervigilanza;
  5. compulsione;
  6. ansia;
  7. abuso di sostanze;
  8. condizione attuale o pregressa di ricorrenti abusi fisici o sessuali subiti;
  9. malattie da stress;
  10. permanenza in una relazione primaria con un soggetto abusatore di sostanze per almeno 2 anni senza richiedere un aiuto esterno.

 Pia Melody (1989) individua cinque costrutti cruciali per riconoscere la codipendenza:

  1. basso livello di autostima;
  2. difficoltà a stabilire confini definiti e sani con l’altro, con tendenza a invadere e a farsi invadere dall’altro;
  3. difficoltà a riconoscere i propri bisogni, chi si è, cosa si sente;
  4. persistenza nel prendersi cura dei bisogni e desideri altrui a costo di dimenticare e a trascurare se stessi;
  5. difficoltà nell’esprimere ed esperire la realtà con moderazione, tendendo all’eccesso in ogni manifestazione di sé;

Il triangolo drammatico di S. Karpman è la teoria secondo la quale all’interno di una relazione interagiscono tre ruoli diversi, ovvero il salvatore, il persecutore e la vittima, anche se i membri sono due. Nella codipendenza si assumono, alternativamente, questi tre ruoli. La loro relazione è di reciprocità, in quanto la presenza dell’uno implica giocoforza quella degli altri. Nella codipendenza uno dei due membri della relazione può assumere anche due ruoli diversi, contemporaneamente.

La persona che si immedesima nel ruolo del salvatore avverte la necessità di aiutare l’altro, anche se questi non ne ha effettivo bisogno. Egli ritiene che l’altro sia bisognoso del suo aiuto, mentre è lui che ha bisogno di sentirsi utile perché sono presenti sensi di colpa, insicurezza o inferiorità. La vittima, cioè da chi valuta sé e i suoi comportamenti sempre in modo negativo, con il conseguente atteggiamento di forte inferiorità nei confronti degli altri, esercita una forte attrattiva sia nei confronti del salvatore, dal quale riceve attenzioni esagerate, sia nei confronti del persecutore, il quale, criticandolo e maltrattandolo, lo convince sempre di più della sua inferiorità e delle sue insicurezze. È persecutore, colui che nutre disperazione e rabbia che lo spingono ad assumere un atteggiamento punitivo e vendicativo nei confronti di tutti. Egli si considera realizzato se riesce a far giustizia, a prescindere dalle richieste e dai bisogni effettivi degli altri.

Ognuno dei personaggi che assumono i diversi ruoli del triangolo drammatico pensano di agire in funzione del bene dell’altro, ma invece agiscono solo in funzione di ciò che è bene per sé stessi, cosa questa che porta ad incomprensioni e a rapporti patologici. Si è salvatore nel momento in cui il pensiero di salvare l’altro diventa l’obiettivo principale della propria vita, una vera e propria ossessione. Proprio quest’ultima caratteristica rivela anche il ruolo di persecutore. Infatti l’ossessione di “salvare” se spinta all’eccesso e dura nel tempo, assume la forma di una vera e propria persecuzione. Persecuzione che si manifesta col rigido controllo dell’altro, col colpevolizzarlo di ogni azione che compie e via dicendo. Nel momento in cui si fallisce sia nel ruolo di salvatore che di persecutore, ecco che si diventa vittima. Vittima di una persona che si ritiene sia la causa di tutti i nostri mali, che nonostante il nostro “altruismo” ci ha “respinto” al punto da farci sentire vittima. Questo è il gioco perverso della codipendenza.


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* Antonio Floriani è medico psicoterapeuta, criminologo, Direttore del Centro LiberaMente di Genova. Esperto in dipendenze e comportamenti d’abuso, lavora da molti anni, a diversi livelli, nel settore. Per informazioni o per fissare un appuntamento, contattate il Centro LiberaMente ai recapiti che trovate cliccando qui o scrivete all’indirizzo antonio.floriani@centroliberamente.it