La criminologia è la scienza che studia i reati, gli autori, le vittime, i tipi di condotta criminale (e la conseguente reazione sociale) e le forme possibili di controllo e prevenzione. È una disciplina sia teorica che empirica, sia descrittiva che esplicativa, sia normativa che fattuale. Attualmente la criminologia si configura come una scienza multidisciplinare che ricorre preferenzialmente ad un approccio integrato multifattoriale. Non c’è infatti un’unica causa universale dell’agire criminoso, bensì una costellazione mutevole di possibili variabili causali (criminogenesi e criminodinamica). La criminologia ha stretti legami di collaborazione e sinergia con le seguenti discipline: antropologia culturale, psicologia, sociologia generale e in particolare sociologia della devianza, diritto penale, scienze penitenziarie, biologia, statistica, psichiatria, psicopatologia generale e dell’età evolutiva, criminalistica , scienze dell’investigazione, filosofia delle scienze, scienze criminali, scienze dello spirito, epistemologia, medicina legale.

Cenni storici
Dal punto di vista storico, i primi albori della criminologia si hanno con l’affermarsi della cultura illuminista del Settecento, in particolare con l’intellettuale giurista italiano Cesare Beccaria e il suo trattato Dei delitti e delle pene. Successivamente, nell’Ottocento, con lo sviluppo delle scienze empiriche (psicologia, sociologia, antropologia), nasce la scuola positiva, che si articola in due direzioni: lo studio dell’uomo che delinque secondo l’approccio medico-biologico dell’antropologia criminale (Cesare Lombroso), e lo studio sociologico delle condizioni che favoriscono la commissione differenziale di reati in funzione del ceto sociale di appartenenza (Durkheim, Parson, Merton, Park, Scuola di Chicago).

Le teorie criminologiche
Sono state proposte molte teorie per spiegare i fenomeni criminali. Esse si possono dividere in:
• teorie biologiche
• teorie psicologiche
• teorie sociologiche
La tendenza della criminologia contemporanea procede verso l’integrazione di più teorie particolari (biologiche, psicologiche o sociali) in teorie multifattoriali che cercano di interpretare il comportamento criminoso secondo più parametri esplicativi e a livelli diversi di lettura.

Teorie biologiche
Fra le prime teorie biologiche vanno ricordati gli studi di Cesare Lombroso sul delinquente e sul concetto di atavismo, oltre che le indagini sui fattori genetici, ormonali, psicopatologici e neurologici dell’agire criminoso.

Teorie psicologiche
Fra le seconde si ricordano i modelli di derivazione psicoanalitica come ad esempio la teoria del delinquente per senso di colpa e la teoria della carenza del Super-Io a sua volta connessa al concetto di “poliziotto interno”, la teoria della deprivazione affettiva di Bowlby e le teorie di derivazione comportamentista basate sul concetto di condizionamento. In particolare ha avuto notevole diffusione la teoria della frustrazione-aggressione di Dollard e Miller. Studi sperimentali hanno provato che la frustrazione (cioè l’impedire a un soggetto di raggiungere una meta od obiettivo importante per lui) tende a generare aggressività, la quale può scaricarsi sia direttamente sulla causa o fonte della frustrazione, sia indirettamente su altri soggetti per così dire più accessibili. Secondo questa teoria dunque alla base del comportamento criminale potrebbe esserci un accumulo di aggressività da frustrazione. Gli studi di Bowlby hanno invece provato che condizioni precoci di deprivazione affettiva e relazione possono avere effetti duraturi sulla personalità individuale, portando alla tendenza ad atteggiamenti rivendicativi e di compensazione, della quale alcune manifestazioni possono consistere proprio in condotte devianti.

Teorie sociologiche
Fra le teorie sociologiche si ricordano quella degli ambienti o contesti criminogeni (teorie ecologiche della criminalità), la teoria delle associazioni differenziali di Sutherland, quella delle identificazioni differenziali, la teoria del conflitto culturale, le teorie fondate sul concetto di anomia (maggiore è la tendenza anomica in una società, maggiore è la frequenza di reati in quella stessa società). Spesso i comportamenti criminosi si manifestano nell’ambito di subculture criminali che trasmettono ai propri membri dei valori strutturati tanto quanto quelli propri della cultura generale non criminosa di cui le stesse sottoculture fanno parte. I sociologi hanno anche evidenziato l’importanza dei processi di stigmatizzazione nella formazione dell’identità criminale e nel suo consolidamento in un vero e proprio progetto di vita deviante. In altre parole, talvolta è la stessa reazione sociale squalificante ed emarginante nei confronti della devianza e della criminalità ad agire come fattore criminogeno. La Teoria dell’etichettamento (labelling) punta il dito sulle conseguenze negative della stigmatizzazione ed è alla base dell’approccio nei confronti della criminalità minorile che si fonda sull’evitare il più possibile la carcerazione per i minori e la loro esclusione dal normale circuito delle relazioni sociali.

La criminologia clinica
La criminologia clinica si propone, soprattutto attraverso l’analisi e l’intervento su singoli specifici casi, di formulare una diagnosi, una prognosi e una possibile terapia di trattamento relativamente agli autori di reati. La diagnosi punta a ricostruire i fattori e le condizioni che hanno portato alla genesi e all’esecuzione del reato (criminogenesi e criminodinamica), la prognosi cerca di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale del delinquente, la terapia prevede interventi di rieducazione e di assistenza psicologica con l’obbiettivo di risocializzare il reo e consentirgli una piena reintegrazione sociale.
Per quanto riguarda la dimensione prognostica, che ha l’obiettivo fondamentale di valutare la maggiore o minore pericolosità sociale di un soggetto, nonché di stimare le maggiori o minori probabilità di recupero sociale per quel soggetto, un modello previsionale che ha avuto notevole successo in passato è quello sviluppato dai coniugi Glueck. Questo modello ipotizza che tre gruppi di variabili consentano di prevedere la maggiore o minore probabilità di incorrere in una “carriera criminale”:
• Variabili legate alla famiglia di origine (clima familiare, atteggiamenti dei genitori, valori o controvalori trasmessi, etc).
• Variabili legate alla struttura della personalità del soggetto (stabilità o instabilità emotiva, resistenza o meno alla frustrazione, maggiore o minore impulsività, eccetera).
• Variabili legate ai concreti comportamenti espletati dal soggetto (maggiore o minore precocità di manifestazione di episodi devianti, tendenza o meno alla recidiva, tendenza o meno a fare uso di sostanze voluttuarie o stupefacenti, etc).
Aspetti tecnici

Criminologia, Criminalistica e Investigazione
Dalla fine dell’Ottocento, dai tempi della scoperta delle impronte digitali, l’investigazione criminale ha percorso un lungo cammino. Oggi, ad esempio, l’analisi del DNA fornisce un nuovo tipo di impronta, che consente di risalire con straordinari livelli di precisione alla individuazione dell’autore di alcuni reati. Diventa sempre più rilevante il contributo della scienza e delle nuove tecnologie alle investigazioni giudiziarie. La cronaca mostra che, sempre con maggiore frequenza, i casi delittuosi vengono affrontati attraverso sofisticate metodologie d’indagine, che fanno appello alla criminalistica e alle scienze forensi, dunque a quelle svariate discipline (le cosiddette “scienze della natura”, separate e distinte dalle “scienze dell’uomo”), che si occupano dell’esame di reperti e tracce rinvenute sulla scena di un reato: genetica forense, balistica, tossicologia, medicina legale, microscopia elettronica. Nel processo, queste discipline sono risultate sempre più rilevanti, spesso fondamentali, per incastrare un omicida o per scagionare un innocente (anche relativamente a fatti giudiziari lontani e definiti). Spesso si confonde la criminologia con la criminalistica, o con l’investigazione, o con l’investigazione criminale, anche se si tratta soltanto di settori limitrofi. Concettualmente, l’investigazione è un settore distinto dalla criminalistica, e la stessa criminalistica dovrebbe essere chiaramente distinta dall’investigazione criminale propriamente detta: mentre la criminalistica risponde alla domanda sul “come”, o sul “dove” è stato commesso un delitto, l’investigazione criminale risponde alla domanda sul “chi” ha commesso un delitto.

I metodi della criminologia
La criminologia è una disciplina che si avvale delle seguenti tecniche di indagine:
• Studio di casi clinici individuali.
• Ricerche mediante campioni (sondaggi campionari).
• Analisi di statistiche ufficiali collettive.
• Analisi di fonti informative e documentali.
• Ricerche sperimentali.
• Ricerche sociali e sul campo.
• Analisi di documenti storici.
Sono anche possibili indagini settoriali e studi predittivi mediante particolari tecniche statistiche. In Italia le statistiche ufficiali della criminalità sono raccolte, elaborate e pubblicate dall’ISTAT, l’Istituto Nazionale di Statistica. Esse forniscono in particolare i tassi relativi ai vari reati. Il tasso di un reato è il numero di casi del reato in questione, registrato in un determinato anno, ogni centomila abitanti. Indagini campionarie a scopo criminologico sono svolte da vari istituti italiani, per esempio dal Censis e dalla Doxa. Esse consentono di studiare la percezione dell’opinione pubblica in materia di criminalità e di misurare quante persone sono state vittime di reati (in questo caso si tratta delle cosiddette indagini di vittimizzazione). Il confronto fra i reati ufficialmente denunciati e quelli realmente commessi, quali risultano dagli studi di vittimizzazione, consente una sia pur sommaria valutazione del numero oscuro (i reati commessi ma non denunciati né rilevati ufficialmente e quindi sempre in numero maggiore rispetto ai reati ufficialmente “contabilizzati”). Il problema della valutazione del numero oscuro è una delle maggiori sfide metodologiche per la criminologia.

Aspetti legali
Lo studio delle tossicodipendenze e quello delle patologie mentali, nei possibili risvolti criminologici, è di competenza di quel ramo della criminologia che è formato dalla psichiatria e dalla psicopatologia forense. Il maggiore campo applicativo di queste discipline riguarda la questione dell’imputabilità, a sua volta collegata alla valutazione della capacità di intendere e di volere. Per la legge italiana, se manca pienamente la capacità di intendere e/o di volere, il reo non è imputabile e nei suoi confronti vengono prese delle misure di sicurezza a carattere anche terapeutico; se invece la capacità di intendere e/o di volere è grandemente scemata, il reo è imputabile ma la pena è diminuita (e possono essere prese delle misure di sicurezza).

Aspetti professionali
In Italia il criminologo non è regolamentato da alcuna legge. Il criminologo dovrebbe operare nei seguenti contesti professionali:
• all’interno delle carceri, come esperto facente parte dell’équipe di osservazione e trattamento;
• come esperto del Tribunale di sorveglianza o del Tribunale dei minori;
• come componente non togato del Tribunale di Sorveglianza;
• come perito nominato dal giudice o da una delle parti, nell’ambito di un procedimento penale in cui sia importante la valutazione dell’imputabilità.
La formazione del criminologo può essere impostata in quanto ricercatore scientifico o in quanto operatore professionale, ad esempio come collaboratore delle forze dell’ordine (esperto di criminal profiling) o come consulente aziendale in materia di sicurezza.