Il disturbo ossessivo compulsivo è inserito nel DSM-IV all’interno della categoria dei disturbi d’ansia, insieme al disturbo da attacchi di panico, le fobie, il disturbo post-traumatico da stress ed il disturbo d’ansia generalizzato.

I criteri diagnostici suggeriti dal DSM-IV prendono in considerazione cinque punti:

A. Ossessioni o compulsioni
Ossessioni come definite da 1), 2), 3) e 4):

1) pensieri, impulsi o immagini ricorrenti e persistenti, vissuti, in qualche momento nel corso del disturbo, come intrusivi e inappropriati, e che causano ansia o disagio marcati

2) i pensieri, gli impulsi o le immagini non sono semplicemente eccessive preoccupazioni per i problemi della vita reale

3) la persona tenta di ignorare o di sopprimere tali pensieri, impulsi o immagini, o di neutralizzarli con altri pensieri o azioni

4) la persona riconosce che i pensieri, gli impulsi, o le immagini ossessivi sono un prodotto della propria mente (e non imposti dall’esterno come nell’inserzione del pensiero).

Compulsioni come definite da 1) e 2):
1) comportamenti ripetitivi (per es. lavarsi le mani, riordinare, controllare), o azioni mentali (per es. pregare, contare, ripetere le parole mentalmente) che la persona si sente obbligata a mettere in atto in risposta ad un’ossessione, o secondo regole che devono essere applicate rigidamente

2) i comportamenti o le azioni mentali sono volti a prevenire o ridurre il disagio, o a prevenire alcuni eventi o situazioni temuti; comunque questi comportamenti o azioni mentali non sono collegati in modo realistico con ciò che sono designati a neutralizzare o prevenire, oppure sono chiaramente eccessivi.

B. In qualche momento nel corso del disturbo la persona ha riconosciuto che le ossessioni o le compulsioni sono eccessive o irragionevoli. Nota. Questo non si applica ai bambini.

C. Le ossessioni o le compulsioni causano disagio marcato, fanno consumare tempo (più di un’ora al giorno), o interferiscono significativamente con le normali abitudini della persona, con il funzionamento lavorativo (o scolastico) o con le attività o relazioni sociali usuali.

D. Se è presente un altro disturbo sull’Asse I, il contenuto delle ossessioni o delle compulsioni non è limitato ad esso (per es. preoccupazione per il cibo in presenza di un Disturbo dell’Alimentazione, tirarsi i capelli in presenza di Tricotillomania, preoccupazione riguardante le sostanze nel Disturbo da Uso di Sostanze, etc)

E. Il disturbo non è dovuto agli effetti fisiologici diretti di una sostanza (per es. una droga di abuso o un farmaco) o di una condizione medica generale.

Il DSM inoltre sottolinea la necessità di specificare se il paziente presenta scarso insight ovvero se per la maggior parte del tempo, durante l’episodio attuale, la persona non riconosce che le ossessioni e le compulsioni sono eccessive o irragionevoli.

Per una diagnosi positiva è necessario che tutti i criteri siano presenti.

Il DSM-IV definisce le ossessioni come pensieri egodistonici ricorrenti, riferendosi alla loro qualità intrusiva ed inappropriata e riconducendole alla sensazione dell’individuo che il contenuto delle ossessioni sia estraneo e non sia sotto il proprio controllo, pur riconoscendo che sono il prodotto della sua mente e non vengono imposte dall’esterno.
Alcune tra le ossessioni più frequenti riguardano la contaminazione (per es. essere contaminati quando si stringe la mano a qualcuno), dubbi ripetitivi (per es. chiedersi se si è compiuto correttamente un gesto, di aver compreso una parola o una frase, di aver danneggiato qualcuno guidando), impulsi aggressivi (per es. aggredire o uccidere qualcuno, essere veicolo di contagio, gridare oscenità in chiesa), la necessità di disporre gli oggetti con un certo ordine e/o simmetria, fantasie sessuali (per es. ricorrenti immagini pornografiche), ossessioni varie, come la paura di dire cose sbagliate, il dubbio che alcuni oggetti siano perfettamente sovrapponibili e così via. La quantità dei contenuti delle ossessioni è pressoché infinita. Dal punto di vista del trattamento psicologico non è però rilevante il contenuto di tali ossessioni.

Le compulsioni sono invece atti mentali o comportamenti ripetitivi, ritualizzati e più o meno intenzionali, eseguiti secondo certe regole applicate in maniera rigida, messi in atto al fine di prevenire o ridurre l’ansia e il disagio. Nella maggior parte dei casi si manifestano in risposta ad un’ossessione allo scopo di neutralizzare il malessere ad essa associato o prevenire qualche evento temuto. Vengono eseguite con una sensazione di coazione soggettiva che, almeno inizialmente, è legata al desiderio di opporvisi.
Le compulsioni più frequenti riguardano il pulire la propria persona od oggetti, il controllare la chiusura di porte, finestre, gas, ad intervalli di pochi minuti, il ripetere frasi, pensieri o il contare per allontanare pensieri blasfemi involontari, mettere in ordine, ossessioni varie, come non calpestare righe sul pavimento, attraversare una soglia un certo numero di volte, richiedere o pretendere rassicurazioni.

E’ necessario rilevare una differenza tra i criteri diagnostici proposti dal DSM-IV e l’ICD-10: quest’ultimo distingue ossessioni e compulsioni in base al fatto che si tratti di pensieri, idee o immagini (ossessioni) oppure atti (compulsioni), mentre il DSM-IV li distingue in base al fatto che l’idea o il pensiero causi o riduca l’ansia. Quindi nel DSM-IV possono essere presenti compulsioni ideative, che sarebbero considerate ossessioni nell’ICD-10. Inoltre l’ICD-10 stabilisce una durata minima dei sintomi di almeno 2 settimane.

Le manifestazioni cliniche delle ossessioni e delle compulsioni possono assumere le forme più varie e possono coesistere, nello stesso soggetto, diverse espressioni sintomatologiche. Queste tendono a modificarsi nel corso del tempo, spesso senza una progressione specifica. La sintomatologia risulta identica sia negli adulti, che nei bambini e nessun sintomo è correlato in maniera specifica all’età (Friedlander et al., 2005).
La scelta dell’ossessione o compulsione rispecchia il percorso intellettuale e psico-sociale del soggetto ed è riconducibile agli aspetti culturali ed alle conoscenze medico-scientifiche di una specifica epoca o cultura. Tuttavia la tipologia dell’ossessione o compulsione non modifica o privilegia una modalità di intervento clinico, tanto meno permette di comprendere l’origine del disturbo (Savron, 1998).
Come abbiamo visto, il DSM-IV prevede, tra le caratteristiche diagnostiche del disturbo ossessivo-compulsivo che, sia le compulsioni, sia le ossessioni, siano riconosciute come eccessive o irragionevoli dal soggetto. Dobbiamo però specificare che questi requisiti non si applicano ai bambini, dal momento che può mancare una consapevolezza cognitiva sufficiente per formulare un giudizio critico. Negli adulti è comunque riscontrabile una certa variabilità di insight sulla ragionevolezza delle ossessioni o compulsioni, che si può modificare in diversi periodi o situazioni.
Il DSM-IV e l’ICD-10 pongono sullo stesso livello diagnostico i pensieri ossessivi e gli atti compulsivi. Tuttavia, da un’analisi fenomenologica (Burgy, 2005), emerge che i pensieri ossessivi precedono gli atti compulsivi e l’ansia rappresenta una reazione affettiva secondaria all’idea ossessiva. Risultati clinici, sia in ambito psicoanalitico, sia da terapie comportamentali, confermano questa osservazione.
In questo senso è possibile applicare una distinzione tra il fenomeno ossessivo primario (ossessione) ed il fenomeno ossessivo secondario (compulsione), entrambi necessari per una diagnosi positiva. L’atto compulsivo, da un punto di vista psicopatologico, non è specifico del DOC e non è necessariamente una conseguenza di un’idea ossessiva, per cui non ha lo stesso valore diagnostico del pensiero ossessivo. Se considerassimo solo l’atto compulsivo, come sintomo di disturbo ossessivo-compulsivo, potremmo giungere ad una diagnosi errata. Esclusivamente attraverso l’analisi del fenomeno primario (ossessione) è possibile giungere ad una corretta diagnosi di DOC ed escludere fenomeni pseudo-ossessivi.

Nel corso dell’elaborazione nosografica, e precisamente dal DSM-III (A.P.A., 1980) il disturbo è stato inserito nella categoria dei disturbi d’ansia, superando la tradizione della diagnosi di nevrosi ossessivo-compulsiva. Oggi il termine nevrosi nella nosografia moderna è quasi del tutto scomparso. Tale scelta si basa sull’assunto che la funzione primaria di un’ossessione o compulsione, sia quella di regolare l’angoscia. Gabbard (1994) afferma che, seppur in linea con le recenti ricerche biologiche, tale classificazione suggerisce un concetto di ansia come malattia, piuttosto che come sintomo indotto da un conflitto inconscio ed invita il clinico ad orientamento psicodinamico a comprendere, invece, le ragioni inconsce dell’ansia. Questa metodo comunque non viene applicato nei nostri centri in quanto abbiamo scoperto che non è tanto la “ragione inconscia” o la causa dell’ansia che va compresa quanto i processi psicofisiologici di mantenimento del disturbo nel qui-e-ora ovvero quei processi bio-psico-sociali che potrebbero portare ad una cronicizzazione del problema anziché alla sua soluzione.
Attualmente, comunque, al di là della disputa sulla collocazione del disturbo nella sfera ansiosa o affettiva, vi sono aspetti che definiscono strutturalmente il DOC, pur nella variabilità di espressione sintomatologica.
Per quanto riguarda il nostro gruppo di studio e ricerca attualmente utilizziamo il DSM-IV-TR come strumento di valtuazione diagnostica di tipo fenomenologico ed associamo a tale diagnosi una complessa valutazione del funzionamento globale della paziente all’interno del proprio contesto di vita.

Epidemiologia
Fino a non molto tempo fa il disturbo era considerato relativamente raro, con dati che stimavano un’incidenza nella popolazione generale intorno allo 0,05%. Tuttavia, studi epidemiologici recenti indicano che il DOC colpisce dal 2 al 3% della popolazione, con una prevalenza in un anno dell’1,5%-2,1%, rappresentando così il quarto disturbo più comune negli Stati Uniti (Savron, 1998). Una percentuale di prevalenza simile è stimata negli adolescenti e nei bambini. Il riconoscimento che il disturbo è più comune nell’infanzia di quanto si credesse, ha aperto la strada a studi retrospettivi dai quali è emerso che circa l’80% dei pazienti adulti ha sviluppato i primi sintomi prima dei 18 anni (Friedlander et al., 2005). Colpisce in modo pressochè uguale uomini e donne. Nella distribuzione non emerge alcuna differenza razziale.

Familiarità
L’incidenza del DOC nei familiari inferiore al 10%, una percentuale superiore rispetto alla popolazione generale. Tratti ossessivi di personalità sono stati riscontrati in oltre il 40% dei casi in genitori di soggetti con DOC (Savron, 1998). La concordanza per il disturbo è più alta nei gemelli omozigoti che dizigoti. La frequenza del DOC è più alta nei consanguinei di primo grado affetti da disturbo di Tourette.

Esordio e decorso
L’esordio del DOC è generalmente antecedente ai 30 anni (74%), solo in una bassissima percentuale di soggetti i primi sintomi si sviluppano dopo i 40 anni. Diversi studi indicano che si ha una distribuzione bimodale dell’età di insorgenza, con picchi nella prima adolescenza (12-14 anni) e nella prima età adulta (20-22 anni). L’età tipica di esordio è più precoce nei maschi che nelle femmine e gli uomini sviluppano sintomi più severi. Sembra inoltre che i bambini con esordio precoce (prima dei 7 anni) siano più spesso maschi ed abbiano un componente familiare con DOC (Friedlander et al., 2005).
L’esordio è graduale, ma in molti casi è stato notato un esordio acuto.
In genere il disturbo inizia con un occasionale senso di disagio di fronte ad oggetti o situazioni, reali o immaginate, e le prime strategie messe in atto per ridurlo sono l’evitamento dell’oggetto o della situazione che lo scatena, o il tentativo di ignorare i sintomi, considerandoli normali atti della vita quotidiana. Questi tentativi non riducono la sensazione di malessere, che, al contrario, aumenta e l’unica fonte di sollievo temporaneo è data dall’esecuzione di atti o rituali preventivi, senza eliminare definitivamente il problema. Nel corso del tempo le manifestazioni dei sintomi diventano sempre più evidenti, sia per il soggetto che per i familiari, ed emerge la consapevolezza della difficoltà di controllarli, fino a non provare più il desiderio di resistervi ed includere le compulsioni nelle proprie abitudini quotidiane.
Il decorso del disturbo è generalmente cronico, mentre la gravità dei sintomi può fluttuare nel tempo, con periodi di remissione parziale, o con un andamento intermittente.
Nei bambini è stato riscontrato un dato interessante: dopo 2 anni, circa i due terzi dei bambini diagnosticati come ossessivi non presentavano più il disturbo, senza il ricorso ad alcun trattamento (Savron, 1998).
I pazienti con questa patologia che si rivolgono ad uno specialista dei disturbi mentali sono ancora pochi e, nella maggior parte dei casi, ricercano un trattamento solo dopo lunghi anni di sofferenza (7,5).
I dati delle nostri interventi clinici comunque sembrano suggerire che attraverso le nuove possibilità di trattamento psicologico non farmacologico sia possibile ridurre i sintomi invalidanti e portare in tempi brevi e senza rischi di ricadute il paziente ad un notevole miglioramento della situazione.

Diagnosi differenziale
Una sintomatologia simile a quella del disturbo ossessivo compulsivo si manifesta in molti altri disturbi mentali, nei quali comunque non troviamo le caratteristiche complessive del disturbo; nei casi in cui queste siano presenti, la diagnosi differenziale si basa sul fatto che le cause risultano rintracciabili e specifiche (cause organiche, intossicazione, etc).
Il DOC quindi va distinto dal Disturbo d’Ansia dovuto ad una condizione medica generale (ossessioni o compulsioni sono ritenute una conseguenza fisiologica della condizione medica), dal Disturbo d’Ansia indotto da Sostanze (la sostanza è ritenuta eziologicamente correlata alle ossessioni o compulsioni).
Non viene diagnosticato DOC se il contenuto dei pensieri e delle attività è legato esclusivamente ad un altro disturbo mentale (Disturbo da Dimorfismo Corporeo, Fobia Specifica o Sociale, Tricotillomania), o se i pensieri ricorrenti riguardano in modo specifico il timore di avere una malattia (Ipocondria), o di contrarla, senza il coinvolgimento di rituali (Fobia Specifica). In questi casi, se la preoccupazione è legata a rituali o condotte di controllo, può essere indicata la diagnosi addizionale di DOC.
Nell’Episodio Depressivo Maggiore possono essere presenti ruminazioni su pensieri specifici, ma non vengono considerate ossessioni perché il soggetto non li riconosce come pensieri eccessivi o irragionevoli. Nel Disturbo d’Ansia Generalizzato troviamo preoccupazioni eccessive, ma legate a circostanze della vita reale. Al contrario, in una diagnosi di DOC, le ossessioni sono vissute dal soggetto come egodistoniche ed il loro contenuto non riguarda problemi di vita reale.
A volte i pensieri ossessivi potrebbero essere confusi con i deliri presenti nei Disturbi Schizofrenici, ma in questi casi non sono percepiti come inappropriati, tantomeno sono soggetti a giudizio di realtà. La specificazione “con scarso insight” può essere utile in quelle situazioni al confine tra l’ossessione ed il delirio.
Il Disturbo da Tic e da Movimenti Stereotipati si differenzia dal DOC perché gli atti motori sono meno complessi e non finalizzati a neutralizzare un pensiero ossessivo.
Si distingue da altri comportamenti eccessivamente ripetuti (come nei casi di Dipendenza, Disturbi dell’Alimentazione, Parafilie, Gioco d’Azzardo Patologico) perché le azioni sono considerate piacevoli, mentre le compulsioni sono spiacevolmente ripetitive.
Infine, distinguiamo il DOC dal Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità: pur nella similarità delle manifestazioni cliniche, la personalità ossessiva compulsiva non è caratterizzata dalla presenza di ossessioni o compulsioni, essendo un modello pervasivo di preoccupazione per ordine e controllo.
Nella diagnosi differenziale vanno tenute in considerazione anche patologie organiche, che possono indurre una manifestazione clinica apparentemente sovrapponibile al DOC: epilessia del lobo temporale, che produce ripetizione di gesti, ma legata ad una sensazione di smarrimento e depersonalizzazione del soggetto, molto diversa dall’angoscia dell’ossessivo; traumi cerebrali ed intossicazioni, ma in tali casi è sempre rintracciabile l’episodio di esordio e non c’è egodistonia.

Comorbidità
Il DOC si presenta spesso in comorbidità con altri disturbi distinti, che possono essere insorti in precedenza, contemporaneamente o successivamente al DOC.
Risulta un’elevata percentuale di incidenza di DOC in pazienti con il Disturbo di Tourette (dal 30% al 50%), mentre le percentuali di Disturbo di Tourette nei pazienti con DOC sembra più bassa (5-7%). Globalmente i due disturbi possono presentare una manifestazione sintomatologia del tutto simile, soprattutto nei tratti di involontarietà, intrusività, comportamenti egodistonici, fluttuazione dei sintomi, ma esistono caratteristiche specifiche che permettono di distinguerli.
Principalmente la consapevolezza del disturbo e della necessità di compiere un movimento per alleviare una tensione interna, nei soggetti con Tourette, risulta molto diversa dal malessere descritto dal DOC.
E’ piuttosto comune l’associazione di DOC con il Disturbo Depressivo Maggiore. La presenza di sintomi depressivi in pazienti affetti da DOC è compresa tra il 13% ed 75% e la depressione risulta la codiagnosi più frequente. Nella maggior parte dei casi la sintomatologia depressiva insorge successivamente al DOC. Solo nel 30% dei quadri depressivi associati al DOC si può parlare di Episodio Depressivo Maggiore, dal momento che in genere la Depressione tende ad assumere le caratteristiche di una demoralizzazione secondaria, senza anedonia, riduzione dell’attenzione, propositi autolesivi. Sintomi ossessivo-compulsivi in pazienti depressi vengono riportati con una percentuale che va dal 6% al 38%.
La presenza di sintomi ansiosi nel disturbo ossessivo-compuilsivo è rilevante (75%) ed è altrettanto frequente una sintomatogia ossessiva nei disturbi ansiosi. Il disturbo più frequente risulta la Fobia Semplice (17%).
Può risultare associato al Disturbo Ossessivo-Compulsivo di personalità (5-10%) o ad altri tratti e Disturbi di Personalità (40%).
Infine, è stata riscontrata un’incidenza che va dal 13% al 33% di DOC in pazienti con Disturbi dell’Alimentazione.
Lo specialista deve tenere in considerazione che vi sono alcune condotte caratteristiche nei pazienti con DOC, conseguenziali al disturbo stesso: sono comuni preoccupazioni ipocondriache, con frequenti visite mediche in cerca di rassicurazioni; possono esservi disturbi del sonno e abuso di alcool o farmaci sedativi.
In sede diagnostica è importante che siano identificati i diversi disturbi che possono presentarsi in comorbilità con il DOC e la successione di insorgenza, al fine di individuare un intervento terapeutico differenziato.
Nella nostra casistica clinica abbiamo notato spesso sintomi di tipo ossessivo anche in pazienti con disturbo schizotipico di personalità.