Disturbo da deficit di attenzione e iperattività
ADHD (Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder), o più semplicemente ADD (Attention Deficit Disorder), è la sigla della sindrome da deficit di attenzione e iperattività.
Il Disturbo da deficit d’attenzione ed iperattività (ADHD) è un disturbo del comportamento caratterizzato da inattenzione, impulsività e iperattività motoria che rende difficoltoso e in taluni casi impedisce il normale sviluppo e integrazione sociale dei bambini. Si tratta di un disturbo eterogeneo e complesso, multifattoriale che nel 70-80% dei casi coesiste con un altro o altri disturbi (fenomeno definito comorbilità). La coesistenza di più disturbi aggrava la sintomatologia rendendo complessa sia la diagnosi sia la terapia. Quelli più frequentemente associati sono il disturbo oppositivo-provocatorio e i disturbi della condotta, i disturbi specifici dell’apprendimento (dislessia, disgrafia, ecc.), i disturbi d’ansia e, con minore frequenza, la depressione, il disturbo ossessivo-compulsivo, il disturbo da tic, il disturbo bipolare.””
In Italia è presente anche l'”associazione famiglie ADHD “(AIFA ONLUS) associazione di genitori che ha creato una rete di mutuo aiuto tra genitori di ragazzi affetti d’ADHD.
Cause
Il dibattito circa l’esistenza o meno di una specifica malattia psichiatrica circa l’ADHD ha coinvolto medici, insegnanti, politici, genitori e i media, con opinioni riguardo all’ADHD che spaziano da coloro che la ritengono una malattia, con basi genetiche e fisiologiche a coloro che non credono alla sua effettiva esistenza come malattia e fanno rientrare la relativa classe di comportamenti anomali nell’ambito, per esempio, di un problema educativo o affettivo di un bambino semplicemente troppo vivace.
Secondo la maggior parte dei ricercatori e sulla base degli studi degli ultimi quarant’anni il disturbo si ritiene abbia una causa genetica e sia anche legato a fattori morfologici cerebrali, fattori prenatali e perinatali, fattori traumatici. Tale tesi è contestata da chi sostiene che, ad oggi, nessun fenotipo (marcatore biologico) è stato individuato per l’ADHD, ed alcuna prova definitiva è stata fornita circa la tesi dell’origine genetica della sindrome. In molti casi si registra una remissione spontanea dei sintomi con l’avanzare dell’età del soggetto, anche in pazienti non sottoposti a terapia farmacologica.
Secondo altri la sindrome da iperattività non è una malattia dal momento che non è stata mai confermata l’esistenza di anomalie, “squilibri chimici” o disturbi “neurologici”, “biologici” o “genetici”.
Per quanto riguarda i problemi relazionali, i genitori, gli insegnanti e gli stessi coetanei concordano che i bambini con ADHD hanno anche problemi nelle relazioni interpersonali (Pelham e Millich 1984). Vari studi di tipo sociometrico hanno confermato che bambini affetti da deficit di attenzione con o senza iperattività:
• ricevono minori apprezzamenti e maggiori rifiuti dai loro compagni di scuola o di gioco (Carlson et al, 1987);
• pronunciano un numero di frasi negative nei confronti dei loro compagni dieci volte superiori rispetto agli altri;
• presentano un comportamento aggressivo tre volte superiore (Pelham e Bender, 1982);
• non rispettano o non riescono a rispettare le regole di comportamento in gruppo e nel gioco;
• laddove il bambino con ADHD assume un ruolo attivo riesce ad essere collaborante, cooperativo e volto al mantenimento delle relazioni di amicizia;
• laddove, invece, il loro ruolo diventa passivo e non ben definito, essi diventano più contestatori e incapaci di comunicare proficuamente con i coetanei.
Trattamento
Il trattamento sintomatico più impiegato per il trattamento dell’ADHD è il metilfenidato, un’anfetamina, ma esiste un forte dibattito all’interno degli stessi psichiatri sull’uso di queste sostanze stimolanti in bambini che sono iperattivi. In effetti, le linee-guida tendono a riconoscere l’utilità di integrare interventi educativi, psicologici, di supporto famigliare e – solo laddove realmente necessario – anche farmacologico.